Se siete traduttori editoriali o aspiranti tali, appassionati di letteratura spagnola o più semplicemente accaniti lettori, allora non serve che mi dilunghi nell’introdurvi Ilide Carmignani, traduttrice affermata e non solo, che ci ha gentilmente concesso qualche minuto del suo tempo per rispondere ad alcune curiosità.

Laureata in Lettere (indirizzo linguistico) all’Università di Pisa, Ilide Carmignani si è specializzata in Letteratura spagnola e ispano-americana alla Brown University (USA) e in Traduzione letteraria all’Università di Siena.

Dal 2000 cura gli eventi professionali sulla traduzione (dal titolo l’AutoreInvisibile) per il Salone Internazionale del Libro di Torino, dal 2003 le Giornate della Traduzione letteraria insieme a Stefano Arduini, e dal 2013 Traduttori in Movimento presso il Castello di Fosdinovo.

Ha vinto il premio della traduzione letteraria dell’Istituto Cervantes in Italia nel 2000, il Premio Nazionale per la Traduzione nel 2013, il premio “Vittorio Bodini” nel 2018, assieme al poeta Milo De Angelis.

È conosciuta soprattutto per le sue traduzioni di Roberto Bolaño e Luis Sepúlveda e, fra i suoi ultimi lavori, si annovera la ritraduzione di Cent’anni di solitudine – Gabriel García Márquez.

R: Buongiorno Ilide, innanzitutto vorrei ringraziarla per il suo tempo. Per me è un onore poterla intervistare.

È vero che si è avvicinata alla traduzione quasi per caso, quando un suo professore le affidò Ocnos di Luis Cernuda?

I: Sì, è vero. L’assistente del mio professore voleva presentare un volumetto a un concorso universitario e aveva bisogno di qualcuno che si occupasse della traduzione. Allora la traduzione non aveva alcun valore nei concorsi, così lui per ricompensarmi mi offrì le note. Confesso che mi sembrò il mondo alla rovescia: le note si possono facilmente ricavare da altre edizioni e dalla critica; la traduzione di una raccolta di poemi in prosa di uno dei nomi più grandi della Generazione del ’27 richiede invece un’infinità di saperi e competenze, insomma è roba da far tremare le vene dei polsi al professionista più navigato. Comunque, passai l’estate dopo la laurea a tradurre in giardino e l’esperienza mi piacque così tanto che cominciai a indagare per capire se era possibile ripeterla o addirittura trasformarla in un mestiere.

All’epoca la traduzione editoriale era davvero invisibile. I traduttori erano tutti traduttori per caso: scrittori e aspiranti scrittori, giornalisti, studiosi che a un certo punto si vedevano offrire una traduzione e la facevano, ma non lo consideravano un vero lavoro. La mia è stata la prima generazione di traduttori per vocazione e di mestiere.

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